I tessuti possono essere fatti da molti materiali diversi, che comunque provengono da quattro grandi fonti principali: di origine animale come la lana e la seta, di origine vegetali come il cotone, il lino, la juta, minerali come l’amianto e la fibra di vetro e sintetiche come il nylon, il poliestere e l’acrilico.In passato, tutti i tessuti erano composti esclusivamente da fibre naturali, tra cui piante, animali e minerali. Dal 1900 queste sono state integrate da fibre artificiali a base di petrolio.
Oggi una delle fibre più utilizzate è il policotone, una combinazione tra i pregi forniti dal cotone e la resistenza apportata della fibra sintetica: cotone misto a poliestere.
Al fine di migliorare le caratteristiche tecniche della fibra naturale quale il cotone, che è si più pregiato ma meno resistente della fibra sintetica, viene prodotta questa fibra dove l’anima del filato è composta da poliestere 100% filamento continuo. L’anima viene poi ricoperta da un filato di cotone per avere un aspetto estetico più pregiato.
La composizione di un tessuto
Per legge, sulle etichette devono essere indicati tutti i materiali utilizzati in ordine decrescente (esempio: cotone 80%, fibra sintetica 20%) e il marchio del prodotto o il nome della ditta produttrice. È vietato invece l’uso di aggettivi o marchi non conformi alle diciture stabilite per legge e che potrebbero indurre in errore il consumatore.
La stessa legge individua poi diversi tipi di marchi sotto cui vanno raggruppate le fibre: quelle ricavate dal vello di animali vengono definite “lana”; quelle vegetali devono essere indicate con il nome della pianta da cui hanno origine: lino, cotone, canapa; le fibre fatte dall’uomo possono essere indicate con la propria classe di appartenenza, ad esempio: “Fibra sintetica 80%”, oppure “Poliestere 50%”.
I tessuti composti da un unico materiale possono riportare indifferentemente la percentuale “100%”, il termine “puro” seguito o preceduto dal nome delle fibra.
Spesso però, per ragioni di concorrenza, i produttori applicano etichette che giocano sull’ambiguità o addirittura non sono conformi alla reale composizione del tessuto.
Dalla bottiglia di plastica alla maglia
Oggi è possibile creare maglie e capi tessili (comprese le etichette per l’abbigliamento) in policotone dalle bottiglie di plastica riciclata, che così diventano una materia prima per produrre tessuti.
In questo modo si sottrae materiale di scarto che altrimenti sarebbe destinato allo smaltimento in una discarica e, invece, lavorandolo diventa una risorsa che rientra nei processi produttivi.
Un problema che si affronta durante il processo per la filatura è la necessità di utilizzare bottiglie dello stesso colore, quindi anche i cittadini che fanno riciclaggio dovrebbero separare i tappi dalle bottiglie (che sono in polietilene) e differenziare le stesse per colore!
Questa operazione potrebbe ridurre notevolmente il costo della filatura, a monte del processo. Utilizzando sette bottiglie da riciclare, si può produrre una maglia!
Sono passati diversi anni dai primi esperimenti sui filati dal PET (polietilen-tereftalato) e oggi la Nike produce ottimi capi tecnici sportivi.
Il prodotto così ottenuto è ecologico, anche grazie al fatto che la chimica resta fuori dalla lavorazione e che persino il processo di tintura permette di risparmiare acqua ed energia, perché il filo viene tinto in fase di filatura). Quest’anno molti stilisti hanno utilizzato questo nuovo filato per confezionare alcuni abiti per gli artisti che hanno sfilato sul red carpet all’84esima edizione degli Academy Awards: Livia Firth, Colin Firth, Michael Fassbender, Viola Davis e Melissa McCarthy.